Cari commentatori,
dato che continuano ad arrivare commenti basati sull’incomprensione del problema, ritengo doveroso darvi un chiarimento. Come sostenuto in un articolo che ho inserito sul blog, nella nostra Costituzione non esiste l’istituto della revoca, che esisteva nello Statuto Albertino. Il presidente del Consiglio sottoponeva al Re un decreto di revoca di un ministro e, se il Re firmava, il ministro era revocato. Il legislatore costituente decise di non inserirlo nella Costituzione repubblicana perché la responsabilità delle decisioni di un ministro doveva essere collegiale, cioè di tutto il governo.
L’indirizzo politico delle decisioni del governo veniva dato dal presidente del Consiglio. La separazione del ministro della spesa (Tesoro) da quello delle entrate (Finanze) dava luogo a una dialettica cui partecipavano con pari dignità tutti i ministri. Infine, il governo nella sua collegialità operava la sintesi in base all’indirizzo del suo capo.
La riforma Bassanini ha creato un mostro: il ministro dell’Economia possiede i poteri che erano dei ministri del Tesoro, delle Finanze, del Bilancio, delle Partecipazioni statali e del Mezzogiorno. Al governo non si muove foglia che il titolare dell’Economia non voglia. Tutti gli altri ministri, compreso il presidente del Consiglio sono solo protesi posticce di un organo monocratico, il ministro dell’Economia appunto.
Come visitatori del mio blog devo supporre che siate all’incirca liberali, sapete quindi benissimo cosa diceva David Hume: “Quando disegnate un costituzione partite dall’ipotesi che al potere andranno i malvagi, non perché ciò sia inevitabile ma perché è possibile”.
Lord Acton, dal canto suo, ci ha messo in guardia: “Il potere corrompe sempre, il potere assoluto corrompe in modo assoluto!” I liberali sanno che il potere è tanto più pericoloso quanto più accentrato e che la dispersione del potere è condizione necessaria, forse persino sufficiente, di libertà.
Quanto allo spendere e spandere, l’articolo 81 (voluto da Einaudi e Vanoni), oltre ai vincoli di Maastricht, sono ormai un deterrente efficace alla dilatazione del deficit. Molto mi spiace dover fare queste considerazioni, che a me sembrano assolutamente ovvie, mi auguro solo di non aver offeso il vostro amor proprio e di aver chiarito definitivamente la questione.
am
Il tradimento del Presidente Berlusconi non me lo sarei mai aspettato. Sono deluso e amareggiato. Nelle interviste non sembra più lui, è un’altra persona. Attendo delle riforme da quando è sceso in politica, fino ad oggi ci ha raccontato solo delle frottole. Si dovrebbe vergonare.
Cordiali saluti
Un suo ammiratore Claudio
Caro Prof., se ho ben capito il problema dell’incomprensione sta proprio nei suoi primi due capoversi.
Nello statuto albertino, un ministro era subordinato al Primo Ministro, che di fatto aveva la possibilità di revocarlo qualora non seguisse le direttive del suo governo.
Adesso, invece, un ministro, una volta nominato, non può più essere revocato: quindi è libero di fare ciò che vuole senza che di fatto nessuno possa interferire con il suo operato.
Questo è un problema generale, che vale per tutti i ministri, non soltanto oggi per quello dell’Economia, e domani per quelli delle Finanze e del Tesoro. Ed infatti, come elettori, stiamo assistendo a spettacoli disgustosi, nelle grandi come nelle piccole cose, ad opera di tutti i minstri, nessuno escluso.
La dialettica (come dice Lei), ovvero la collegialità e la responsabilità della decisione (come preferisco dire io, sottolineando l’aspetto della responsabilità), diventa allora un optional, una questione di correttezza e di buon gusto, non certo un vincolo statutario; potrebbe esserci (o non esserci) con un solo ministro dell’Economia così come un ministro del Tesoro ed uno delle Finanze.
Allora, se il problema è questo, perché non rivedere gli aspetti statutari e rendere formalmente collegiali le decisini del governo, prevedendone ad esempio un verbale di approvazione, dove sia riportato l’esito della votazione e dove ciascun ministro possa eventualmente registrare i suoi commenti, e la firma di approvazione del Presidente del Consiglio (visto che oggi è per lui che di fatto votiamo ed è a lui che chiediamo conto dell’operato suo e del suo governo)?
Temo infatti che la dialettica, per come la intende Lei, nel contesto normativo e culturale attuale diventi soltanto un vacuo esercizio di parole al vento, senza minimamente incidere sulla sostanza delle cose.
Quanto poi all’art. 81 voluto da Einaudi e Vanoni (altri tempi, altra razza) ed ai vincoli di Maastricht non mi sembra proprio che funzionino più come efficace deterrente allo spendere e spandere, visto che il nostro deficit veleggia allegramente verso il 120% del PIL ed altri Paesi (vedi Grecia, Irlanda, Portogallo, Spagna, per non dire degli stessi USA) sono come noi a concreto rischio di default.
Per il resto, poi, non posso che essere d’accodo con Lei.
Cordialmente,
Podenzanese ha detto…
E siccome lei lo sa, ci illumini, non sia avaro di parole, ci dica come si crea sviluppo e crescita.
Creare nuove poltrone, solo a questo pensate, e quindi a caricarci di tasse.
La logica di Tremonti è solo quella di una politica che non sa scegliere per delle riforme logiche, liberiste, difficili. Se le spese non calano, per chiudere un bilancio vanno aumentate le entrate, quello che non si dice è come creare sviluppo, crescita.
Di voi nessuno lo sa, e per questo falliremo. Marco
Carissimo Professsor Martino, totalmemte d’accordo, grazie per il prezioso lavoro che sta facendo. Pietro Barabaschi
Caro On. Martino sono pienamente d’accordo con la sua proposta di modifica. Cmq, io penso, che con un Ministro meno presuntuoso di Tremonti magari il problema nemmeno sussisterebbe …..Sbaglio???
In riferimento al suo commento sui poteri forti e Mario Monti di questa mattina, “se non volete voi come non vogliamo noi la sinistra al Governo datevi una mossa subito, in questa settimana, perchè mentre voi vi divertite a far finta di litigare …..noi stiamo affogando nella merda!!!!!!! Nuovo Governo senza Berlusca con il terzo polo dentro e quasi tutti Ministri nuovi( magari con gianni Letta pres. del consiglio). Attendo sua risposta. Cordialità.
Tratto da una predica domenicale di Scalfari, il fondatore, genitivo di Scalfaro:
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Il superministro controlla la spesa con il Tesoro, l´entrata con le Finanze e la politica economica con il dipartimento del Bilancio.
Ha a sua disposizione l´Agenzia delle Entrate, la Ragioneria dello Stato, la Guardia di Finanza, la Cassa depositi e prestiti, la Banca del Sud, il Fondo d´intervento sulle imprese strategiche, la Consob. Tiene in esclusiva i contatti con l´Unione europea. In realtà Palazzo Chigi è ormai soltanto uno sportello che invia a destinazione alcune delle decisioni del superministro».
Questa è la diagnosi di Maroni, come si vede realistica e al tempo stesso impietosa verso uno dei punti di riferimento politico della Lega bossiana. Ma ancor più impietosa è la terapia del ministro dell´Interno: «Bisogna spacchettare il ministero dell´Economia e bisogna farlo presto. Tremonti deve restare ministro del Tesoro, chi meglio di lui? Ma poi ci dev´essere un ministro delle Finanze, un ministro del Bilancio, un ministro dello Sviluppo economico, che rispondono tutti e quattro a Palazzo Chigi il quale coordina tra loro le politiche dei ministeri economici».
Come mai Maroni vuole proprio adesso spacchettare Tremonti? Ne teme la concorrenza nella guerra di successione in corso nella Lega? Oppure è un modo efficace per dare una scossa ai fondamenti dell´alleanza Berlusconi-Bossi che ha in Tremonti il suo architrave, con l´obiettivo di far venire giù l´intero edificio dell´alleanza?
La mossa di Maroni è quanto di più imprevisto e andrà seguita con la massima attenzione.””””
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Lo spacchettamento, necessario, servirebbe dunque per indebolire l’asse Berlusconi-Bossi, secondo l’opinione di Scalfari, e sarebbe caldeggiata da Maroni. Sul ministro dell’Interno si sarebbero appuntate le attenzioni di coloro che propugnano con forza l’immediato pensionamento di Berlusconi, a cominciare dal patetico Fini, costretto, lui, alle comiche finali. Insomma Berlusconi tremonti simul stabunt simul cadent, secondo queste ricosrtruzioni.
Pienamente d’accordo.
Bene!
Io sono convinto che la divisione sia giusta.
Non si tratta di voler dividere il ministero solo per una questione di opportunità politica o per punire l’attuale ministro, ma è una questione di principio. Il prof Martino era favorevole alla divisione del ministero dell’economia molto prima che Tremonti diventasse ministro, come lui stesso dice in questa intervista del 2008 prima della vittoria elettorale, lasciata a “l’Occidentale”. Infatti al minuto 8:25 parla proprio di questo argomento.
http://www.loccidentale.it/articolo/antonio+martino
Si, cambiare, modificare, spacchettare con urgenza. Dopo le esperienze maturate e quella in corso, dannosissima, procedere di corsa.
La spiegazione è chiara ed esemplare. Personalmente condivido in pieno. Tra l’altro quello che è accaduto in Italia negli ultimi tre anni con un ministro-padrone (che sembra quasi un dictator romano con poteri straordinari) dimostra come l’accentramento di certi poteri nelle mani di un super ministro sia cosa assai potenzialmente dannosa, soprattutto se poi il super-ministro-dictator agisce secondo schemi di prodiana memoria.