Un mio stimabilissimo amico, Angelo Panebianco, che considero uno dei migliori editorialisti italiani (se non il migliore), di tanto in tanto si addentra nel campo minato che sta ai confini della materia di sua competenza. Non dico che parli senza conoscenza di causa, non sarebbe da lui, ma che farebbe meglio a non usare l’accetta, a essere meno drastico nei suoi giudizi quando non parla di scienza politica ma di economia. Non è la prima volta e sono certo che non sarà l’ultima; l’eredità crociana consiste anche in questo, nel far credere alla gente che quella economica non sia una scienza ma un optional, una materia da serve (come sosteneva il mio amatissimo professore di filosofia al liceo). Credo che in molti casi le serve siano più utili degli economisti, ma penso che non siano esse a dilettarsi della “scienza lugubre” (Carlyle). Dice Panebianco: “Persone stimabilissime (vedi sopra), da Paolo Savona ad Antonio Martino, lo pensano e lo dicono (meglio tornare alla lira).” “E’ però lecito ipotizzare che se l’euro crollasse, anche a voler prescindere dalle conseguenze economiche di un simile evento (per l’economia mondiale e quindi anche per noi), i contraccolpi politici sarebbero assai violenti per il nostro Paese.” Ora, vorrei far notare al mio amico Angelo che un eventuale ritorno dell’Italia alla lira non equivarrebbe necessariamente al crollo dell’euro. Potrebbe, forse, indurre, anche altri Paesi a fare altrettanto, ma non è detto. Il titolo che la redazione del Corriere ha affibbiato all’editoriale di Panebianco è perlomeno singolare “Moneta unica e democratica”: non spetta certo a Panebianco, ma certamente al direttore del giornale più venduto d’Italia spiegare cosa, di grazia, abbia di democratico l’euro, una costruzione controllata da persone che nessuno ha eletto. Draghi non è a capo della Bce per volontà del popolo sovrano, ma per accordi fra alcuni politici di paesi che ritengono di avere diritto di contare più degli altri. Il capo della Bce non risponde che a Dio del suo operato, è, per usare un termine inglese di difficile traduzione, totalmente unaccountable, al di sopra di qualsiasi controllo o valutazione sulle sue scelte. Gli Stati che usano l’euro hanno delegato la loro sovranità in politica monetaria non a un’entità sovranazionale democraticamente eletta ma a un “tecnico” selezionato con criteri poco trasparenti e certamente non democratici. La tesi di Panebianco, correttamente riassunta in un sottotitolo è che “Senza il vincolo esterno dell’euro” la democrazia italiana e la stessa unità del Paese sono “su un piano inclinato”. Che la democrazia italiana non goda di buona salute è vero, così come è vero che la questione meridionale è del tutto irrisolta, ma in nome di Iddio cosa c’entra l’euro con la soluzione, peraltro mancata, di questi problemi? Luigi Spaventa, da parlamentare dell’estrema sinistra, in un memorabile discorso contro la moneta unica aveva paventato che essa avrebbe danneggiato soprattutto l’Italia e in particolare il meridione. Non so se egli sia ancora di quest’idea, ma è indubbio che i fatti gli stanno dando ragione. Panebianco parla come se, salvato l’euro, sarebbe salva l’Europa, l’Italia e l’economia mondiale. Qui mi spiace di non potere essere inglese, nel qual caso direi: “Ho il timore di non potere condividere la sua opinione”; essendo orgogliosamente italiano, sono costretto a dire “Angelo hai torto marcio”! L’euro è una costruzione sbagliata che rischia di fare precipitare l’Europa e il mondo in una crisi tale da fare apparire la Grande Depressione come un’inezia, una quisquilia, una pinzillacchera. Il forsennato diktat tedesco di pareggiare il bilancio a questi livelli di spesa pubblica sta spingendo tutti i paesi dell’eurozona ad accrescere le imposte nel tentativo (vano) di raggiungere le spese. Crede davvero Panebianco che portare la pressione tributaria al 52% del pil farebbe bene all’economia italiana? Crede che renderebbe più democratico e unito il nostro Paese? Angelo, fammi il piacere di occuparti d’altro, ti leggerò sempre con piacere e ti telefonerò la mia ammirazione subito dopo la lettura! Martin Feldstein, stimato economista, malgrado il fatto che insegna a Harvard, tana del sinistrume chic più disgustoso d’America, ha recentemente sostenuto (guarda caso, proprio sul Corriere, 17 giugno): “L’unione di bilancio (il fiscal compact, cioè) mi sembra wishful thinking . Il trasferimento su basi permanenti delle politiche di bilancio di tutti i Paesi – cioè tasse, spese e indebitamento – a un’entità centrale europea sarebbe una rivoluzione di enorme portata: stiamo parlando del cuore della sovranità politica”. Credono davvero Panebianco, Monti e tutti gli altri sostenitori della inesorabilità di tenere in piedi l’euro che sia sensato delegare la sovranità politica nazionale non agli Stati Uniti d’Europa ma a un opaco e antidemocratico accordo inter-statale sia il meglio per l’Italia, l’Europa e il mondo?
Gentile Prof. Martino,
mi rivolgo a lei come economista e uomo del Sud.
A mio avviso l’euro sta all’Italia come la lira stava al Meridione. Mi spiego meglio. Nell’impossibilità di ristabilire i reali rapporti di cambio attraverso il deprezzamento di una inesistente moneta nazionale o di recuperare competitività attraverso le famose riforme strutturali, irrealizzabili per motivi sociali, politici, antropologici (?) il riequilibrio fra diverse economie è ottenibile solo mediante la recessione o, peggio, uno stato di sottosviluppo permanente, come ci insegna la storia del Meridione dall’Unità in poi. Ovviamente una volta messo il piede nella tagliola (l’euro), è impossibile uscirne impunemente, perciò temo che alla fine dovremo semplicemente rassegnarci ad un ruolo marginale in Europa, in cambio degli aiuti elargiti dalla BCE e dal cosidetto Fondo salva stati, come del resto è marginale il ruolo del Sud in Italia, al di là di tanta retorica ufficiale.
Ma Angelo Panebianco non doveva rispondere in questo stesso blog?
grazie. essere di sinistra non vuol dire avere unica e incrollabile fede: questo lo condividevo con il PCI ma ora che i dogmi non esistono piu’ diamo spazio all’Intelligenza umana e alle Menti capaci di vedere oltre il potere.
Caro Antonio Martino, purtroppo l’attuale negazione di democrazia da parte dei burocrati europei, come giustamente dice Diego qui sopra, è divenuta un’ideologia, ma a dir meglio, l’alibi, la giustificazione per il loro potere. Non è cosa nuova, questa, purtroppo, la storia si ripete e non insegna, a chi non vuole imparare, nulla.
“Se volete ridare a questa Europa martoriata l’ordine, la pace e il benessere cui essa tende con tutto il suo essere, dovete rendervi conto della necessità assoluta di costituire dei governi legittimi.E poiché uno solo è ormai il principio di legittimità adatto all’orientamento della nostra civiltà in questa fase del suo sviluppo, cioè il principio democratico, che implica il diritto d’opposizione e il suffragio universale libero, voi dovete instaurare dei governi conformemente a questo principio, applicandolo lealmente in ogni occasione, anche se possa talvolta sembrare più utile derogarvi. Di fronte al problema della legittimità democratica del potere, tutti gli altri problemi, per quanto importanti, sono secondari, dacché nessuno di essi potrà essere veramente risolto, se prima non sia risolto quello del potere” (Guglielmo Ferrero – 1942)
Ancora una volta grazie On Martino! La puntuale risposta al villano era più che doverosa! Sono veramente meravigliato dalla dose di malafede che gli strenui difensori dell’euro iniettano nelle loro sterili argomentazioni! Perché? Cosa c’è sotto? Credo che ormai l’euro possa a buon diritto essere catalogato tra le ideologie, per lo meno in Italia i suoi difensori sono succubi di un ideologia: in Germania l’euro viene difeso solo in funzione degli interessi della Germania, in Italia, invece, viene difeso argomentando che gli italiani non sarebbero in grado di governarsi da soli…e tale fatto sarebbe “storicamente provato”!!!(?????) Ma come si fa a dire un’enormità di questo genere??
Dov’è questo blog?…
caro on. Martino,
mi dispiace contraddirla, ma sono d’accordo solo in parte con la sua disamina, nel senso che per me l’unica alternativa all’austerità tedesca è la ricetta del duo Krugman-Stiglitz(sostenuta in italia da tutta la sinistra e da vari esponenti del pdl, come Brunetta, Tremonti e … Berlusconi)fatta di più tasse, più spesa, più debito, più inflazione o addirittura di uscita dall’euro qualora queste politiche fossero impraticabili.
Temo, da liberale simpatizzante per la scuola austriaca, che questa linea ci porterebbe ad una catastrofe di proporzioni gigantesche.
Per questo sostengo che noi dobbiamo approvare il fiscal compact (ovviamente modificando la parte relativa al debito in quanto assolutamente insostenibile) e smettere di criticare la Merkel.
Non sta scritto da nessuna parte nel fiscal compact che il pareggio di bilancio debba necessariamente realizzarsi attraverso aumento di entrate e non per taglio di spese.
Al contrario, bisognerebbe prendersela con i nostri governi (specialmente quello di Berlusconi) che non hanno fatto le riforme necessarie al contenimento della spesa e del debito (riforme degli entitlements).
Infine, a proposito degli Stati uniti d’europa, mi chiedo se lei condivida le parole della signora Thatcher quando affermava che tutto quello che viene messo insieme in maniera artificiale prima o poi è destinata a crollare.
Quindi, lungi dall’avvicinarsi al modello statunitense, l’integrazione politica europea somiglierebbe molto alla Jugoslavia o all’Urss (prospettiva tra l’altro già denunciata da Klaus e Bukovski).
Cordialmente
RISPOSTA
1)Solo una persona incolta e in malafede può sostenere che l’Italia può essere governata solo … come colonia di un altro paese che le impone “vincoli esterni”.
2)Solo un cialtrone ignorante può equiparare il ritorno alla lira a una politica di svalutazioni competitive. Gli studenti di economia, dopo il primo corso, sanno che le svalutazioni competitive sono uno strumento nell’armamentario di protezionisti e mercantilisti, fieramente avversati dai liberoscambisti.
3)Il responsabile della Banca centrale di uno Stato democratico non viene scelto con voto popolare ma risponde delle sue azioni a un governo democratico. Dove, in nome di Iddio, è il governo europeo democraticamente eletto? Il fallocefalo retromingente non lo dice.
4)Solo una persona in malafede e del tutto incolta può ignorare le prese di posizione dei liberali contro la monetizzazione del debito, da Luigi Einaudi al sottoscritto che al tema ha dedicato la sua produzione accademica nel corso dei decenni.
5)Solo un marziano scemo può credere che la spesa pubblica possa in breve tempo scendere a livelli che rendano auspicabile il pareggio del bilancio. Gli entitlements, quelle spese che a legislazione invariata non possono essere ridotte, sono la gran parte del totale della spesa pubblica. Per ridurre quest’ultima, quindi, l’Italia ha bisogno di RIFORME (che richiedono tempo) non di MANOVRE, come credeva Tremonti e crede Monti. Quattro monti più un coglione fanno sei coglioni!
Non mi scuso per le volgarità contenute in questa mia risposta. L’autore delle scemenze surriportate non merita nemmeno calci in tafanario!
am
E peraltro, davvero Martino vorrebbe una banca centrale eletta a suffragio universale diretto? Ne dubitiamo, perché se così fosse, quale sarebbe l’utilità di una simile banca? Forse stampare davvero moneta non in una fase di emergenza acutissima come l’attuale ma, con tutta probabilità (vista l’assenza di vincolo esterno), per agevolare gli sforamenti di deficit da parte del governo di turno, come già accaduto nella storia d’Italia. In altri termini, Martino dovrebbe spiegarci se vede questo (peraltro inesistente) vulnus democratico europeo come meno nocivo di una banca centrale assoggettata al “controllo democratico” usata per finanziare il deficit anche in condizioni ordinarie. Del resto, non era Guido Carli che diceva (vedasi anche qui, pagina 6) che l’eventuale rifiuto di finanziare lo stato sarebbe equivalso ad un “atto sedizioso”?
Irrisolto questo punto e le motivazioni sottostanti, Martino se la prende con i tedeschi (e ci può stare, soprattutto l’aggettivo “forsennato”), ma la vede da un unico versante:
«Il forsennato diktat tedesco di pareggiare il bilancio a questi livelli di spesa pubblica sta spingendo tutti i paesi dell’eurozona ad accrescere le imposte nel tentativo (vano) di raggiungere le spese. Crede davvero Panebianco che portare la pressione tributaria al 52% del pil farebbe bene all’economia italiana? Crede che renderebbe più democratico e unito il nostro Paese?»
Ma scusi, professor Martino, dove sta scritto che il pareggio di bilancio debba necessariamente realizzarsi attraverso aumento di entrate e non per taglio di spese? Certo non nel Fiscal Compact, che nulla dice al riguardo. Piuttosto, il problema sta proprio in questo, come abbiamo scritto giorni addietro: a quale livello di equilibrio si collocherà il rapporto spesa-Pil e, conseguentemente, tasse-Pil, di una unione federale europea? E comunque, perché Martino non si chiede i motivi di questa prevalenza di aggiustamento dal versante delle imposte e non del taglio di spesa? Non lo sfiora il dubbio che la spesa sia pressoché intangibile proprio in virtù della “democraticità” del processo decisionale, con le feroci resistenze delle categorie interessate dai tagli, che riescono sempre e comunque a trovare decisiva rappresentanza parlamentare, il che spinge invariabilmente verso l’aumento d’imposte come esito “necessario”?
Ma soprattutto, cosa garantirebbe Martino circa il fatto che un’Italietta tornata ai fasti delle svalutazioni competitive e con una banca centrale assoggettata al controllo “democratico” non finirebbe col monetizzare il deficit e fare esplodere la spesa? A Martino la storia d’Italia non è bastata? E non si rende conto che, argomentando in questo modo, sembra più simile a Paolo Ferrero che a Milton Friedman?
La verità è che la strada per cui battersi è quella di un percorso federale verso maggiore integrazione politica in Europa, tale da poter conferire più democraticità al processo decisionale, non certo quella di ripercorrere a ritroso un cammino vizioso. Ma Martino reputa la prima strada impercorribile, con l’ipse dixit di Martin Feldstein (l’eroico economista conservatore che insegna ad Harvard, “tana del sinistrume chic più disgustoso d’America”).
E comunque, per farla breve, ricordate che stiamo parlando dell’uomo che, negli ultimi vent’anni ha avallato senza batter ciglio tutti gli sfondamenti di spesa e gli aumenti d’imposta che il suo leader ha inflitto al paese. La coerenza non è di questo mondo. Il problema vero è che Martino si sottopone di buon grado a queste soverchianti dissonanze cognitive pur di non ammettere che il suo Caro Leader ha miserabilmente fallito, nell’ultimo ventennio in politica e nell’ultimo decennio al governo. La cosa più triste è che, quando Berlusconi fiuterà l’aria e capirà che gli italiani non intendono uscire dall’euro, Martino tornerà ai silenzi ed alle omissioni della sua imbarazzante fedeltà.
Sul suo blog, Antonio Martino risponde ad un editoriale di Angelo Panebianco, pubblicato giorni addietro sul Corriere, nel quale il politologo sosteneva, con una robusta dose di buonsenso e (purtroppo per noi) inconfutabili evidenze storiche, l’incapacità congenita del nostro paese a riuscire a gestirsi in assenza di un qualsivoglia vincolo esterno. Panebianco giunge a paventare rischi di involuzioni antidemocratiche se l’Italia dovesse tornare alla lira, cioè uscire dall’altamente imperfetto sistema di vincoli imposti dalla moneta unica, ferma restando l’esigenza di andare verso l’unione politica. Martino, tirato in causa con Paolo Savona quale sostenitore del ritorno alla lira ed al periodo delle svalutazioni competitive, si adonta non poco.
Dopo una pelosa e stucchevole attestazione di stima ed amicizia, Martino richiama Panebianco a rientrare nei ranghi delle proprie competenze accademiche. Il punto, però, è che Martino non prova neppure a confutare la lettura di Panebianco sulla necessità che il paese abbia un morso esterno (anzi, l’assume esplicitamente per data), perché semplicemente questa considerazione non è confutabile, tanto è storicamente verificata. Segue l’abituale e stantia lamentazione sulla natura intrinsecamente antidemocratica della moneta unica:
«Draghi non è a capo della Bce per volontà del popolo sovrano, ma per accordi fra alcuni politici di paesi che ritengono di avere diritto di contare più degli altri. Il capo della Bce non risponde che a Dio del suo operato, è, per usare un termine inglese di difficile traduzione, totalmente unaccountable, al di sopra di qualsiasi controllo o valutazione sulle sue scelte»
Questa è una evidente forzatura: forse che il capo di Bankitalia è a quel posto “per volontà del popolo sovrano”? E da quando, poi, i capi delle tecnostrutture devono essere eletti a suffragio universale? La verità è che la Bce è una struttura federale, nel modo e con i limiti in cui può esserlo una tecnostruttura in questa Europa altamente imperfetta. Quanto agli organi decisionali della Bce, basta leggersi Wikipedia, se si ha poco tempo:
«I membri dell’Executive Board sono nominati per un unico termine di otto anni, e scelti fra persone di riconosciuta reputazione ed esperienza professionale in materie monetarie o bancarie, di comune accordo con i governi degli stati membri a livello di capi di Stato o di governo, su raccomandazione del Consiglio, sentito il Parlamento europeo ed il Consiglio dei Governatori della Bce»
Non è tutto: riguardo indipendenza ed accountability,
«La Bce è tenuta a pubblicare dei rapporti sulle proprie attività e deve inviare il proprio bilancio annuale a Parlamento europeo, Commissione europea, Consiglio europeo e Consiglio dell’Unione europea. Il Parlamento europeo pone delle interrogazioni ed in seguito emette la propria opinione sui candidati all’Executive Board»
E’ un po’ più chiaro, ora? Si tratta di nomine che hanno una legittimazione democratica, tipica di tutte le procedure di nomina di organismi tecnocratici. Se e quando la Ue diverrà una federazione o confederazione, è auspicabile che queste procedure vengano riviste in senso di attribuire maggior rilevanza ad un Parlamento europeo reso più operativo e meno declamatorio, ma in tutta franchezza l’obiezione di Martino è inconsistente.
Gent.mo Prof.Martino,
allora mi spiego l’uscita odierna di SB dopo l’incontro con Monti “SB intenzionato a fare il Ministro dell’economia con Alfano premier”.Mi sa’ che li c’e’ lo zampino del Prof.Martino…..Oramai sappiamo che, chi ha le chiavi del Min Economia ha le chiavi del governo,e purtroppo negli ultimi anni le ha avute TRemonti contro tutti, nn pensavo fosse cosi socialcomunista.Mi conforti Prof.Martino se riuscissero ad approvare la riforma
semipresidenzialista,la vorrei come Presidente ed allora si che potrebbe “comandare” assieme a SB l’economia.Magari…sto già sognando.Mi scusi ma sono rimasto ancora al 94 e sono sicuro che aggiustata l’economia,le varie Ruby e veline scomparirebbero dai gossip e i vari giornali rimarrebbero spiazzati.Martino ci faccia sognare.Grazie! Mad Max
Anch’io mi Unisco agli Altri “Antonio Martino FOR PRESIDENT”
p.s. mad come pazzo,e non rabbioso sono un cittadino normale che lavora in uno stato estero molto antiitaliano (RSM);e’ un nick che mi serve per coprire il profilo pubblico.
Mi auguro non ce l’abbia con il sottoscritto…
mi dispiacerebbe soprattutto passare da villano.
In ogni caso io continuo a dire (convintamente):
Antonio Martino for President!!!
SB lo aveva proposto, ma Tremonti mise il veto?
???
am
Scusi Professore, ma questo benedetto uomo di Berlusconi per chiarirsi le idee sull’Euro doveva aspettare fino ad oggi?
Non è che questo convegno con lei e gli economisti internazionali andasse fatto qualche tempo fa, magari quando era ancora Presidente del Consiglio ed era uno dei leaders europei che potevano decidere le sorti dell’economia continentale?
Complimenti per l’articolo, condivisibile in ogni sua parte. Bisogna riportare queste posizioni nel centrodestra, ridiscutere il nostro appoggio a Monti alla luce delle sempre più ovvie considerazioni di convenienza nazionale. Iniziando a combattere contro i progetti vergognosi e antidemocratici di ESM e Fiscal Compact!!
Caro Saragozza.
il 15 e 16 luglio l’incontro sarà a porte chiuse: 8 economisti di vari paesi, Berlusconi ed io. Tutto off the record ad esclusivo uso interno: SB vuole che gli vengano chiarite le idee sul futuro dell’euro e sulla crisi globale. In forma anonima (cioè senza citare chi ha detto cosa), tuttavia,ne darò conto su questo blog. Appena ne avrò il tempo, però, prima risponderò da qui a un blogger villano, retromingente e fallocefalo che farnetica su ciò che viene postato wui.
Cordialmente,
am
Grazie infinite.
Ecco il link:
http://planetoplano.blogspot.com/2012/06/euro-and-more-nonsense.html
A presto.
Si, lo confesso, anch’io sono particolarmente interessato e curioso di sapere quando ci sarà questo straordinario summit di economisti organizzato dal prof. Martino.
Per chi ci andrà sarà come aver vinto alla lotteria, aria pulita.Ovviamente anch’io come Adriano e tutti gli Adam, concludo con un fiducioso augurio… Martino for President!!!
Caro Cacciari, sono ovviamente daccordo, in Italia ci vuole una seria e rigorosa riforma costituzionale in senso sia liberale che decisionista, per dare cioè più potere a chi ha l’onere di governare, ma ogni cosa a suo tempo. Come dice anche lei, oggi urge non farsi trovare impreparati perchè la partita è già in corso e i giocatori (più schiappe che fuoriclasse), sono già in campo. La macchina da guerra 2 è già stata accesa, anche se non è più proprio gioiosa, ma un pò ingrigita e ammaccata, però pronta a muoversi.
Moriremo Bersaniani senza combattere? Io direi di no, bisogna almeno provarci… Attendiamo un segnale forte dal prof Martino.
Proviamo a combattere la giusta battaglia della libertà.
Perderemo?
Forse, ma sarà con onore e con dignità.
Io vorrei notizie sull'”incontro tra Berlusconi ed economisti del 15 Luglio sul tema dell’euro organizzato dall’On. Martino”, come dice Giannino, o “conferenza internazionale di economisti nell’università del Pdl”, come ho letto altrove.
Che è “l’Università del Pdl”?
Porte chiuse o aperte?
Dove si terrà?
Secondo me, l’aspirazione ad un “governo liberale” è limitata. Oltre ad un governo liberale, i cui provvedimenti potrebbero venire ribaltati in un batter d’occhio, qui ci vuole una enorme riforma costituzionale.
Bisognerebbe forse fondare un vero e proprio movimento, tipo l'”Alleanza costituzionale” di Maranini, con una bozza di atto dei diritti e molti insigni firmatari.
Direi che la raccolta degli “insigni firmatari” sarebbe già una bella partenza.
Caro Luc de Clapiers,
non sono certo lei sia di sinistra: ha fatto un’analisi corretta e ha riconosciuto due errori della sua parte politica. La cosa, temo, non la qualifica nemmeno per la destra!
Cordialmente,
am
Antonio Martino for President!!!
A proposito di “Da allora non è più stata stampata moneta.”
Hai provato a controllare quanto si era espansa la moneta durante gli anni PRECEDENTI al 1998? Non solo la riserva monetaria, ma l’aggregato monetario.
Anche la crisi del 2008, cominciata con la deflazione immobiliare nel 2007, la potremmo ricondurre ad una politica restrittiva della FED nel periodo immediatamente precedente.
Domanda: la volevano creare di proposito la crisi?
No! E allora perchè hanno attuato una politica monetaria “restrittiva”?
(Rispondere “perchè son fessi” o “cospirazioni dei banchieri” non vale!)
Antonio Martino for President!!!
condivido pienamente qualo lei ha scritto.
quale elettore di sinistra mi sento un pochino in colpa ma poi riflettendo bene mi convinco che la sinistra a sbagliato in due
decisioni: aver voluto le ”regioni” e l’euro. colpe gravi e gravose solo di tanto denaro.
finche’ l’europa era un ‘associazione economica di 9 stati era un fatto ampiamente condivisibile e sostenibile; ma dal momento che e’ diventata un’accozzaglia di stati con enormi differenze socio/etniche/economiche non si e’ capito piu’ niente a scapito
delle nostre tasche.
Caro Maurizio,
chiedo scusa ma mi è presa la passione per gli argomenti economici.
Credo sarà difficile sognare dato che stiamo entrando in “panic mode”.
Ah, dimenticavo…
Antonio Martino for President!!!
Antonio Martino for President!!!
Vedo che il mio motto comincia a fare proseliti e me ne compiaccio!
Complimenti al Martino politico per aver abilmente dribblato la mia domanda. Ma, ancorchè forse economicamente ignorante, mica son proprio fesso.
Fortunatamente, ora che la Lega è in ritirata posso almeno dire cose che dovrebbero apparire logiche senza il rischio di essere bollato come leghista.
Cose che commentatori economici internazionali affermano tranquillamente nelle news NON italiane senza che nessuno li accusi di leghismo.
Esempio ascoltato di recente: “…certo è ben difficile capire perchè l’Italia si trovi nella situazione in cui è se consideriamo che la parte settentrionale è una delle regioni più ricche e sviluppate del mondo…” (per la nota era un Inglese dalla City intervistato in un approfondimento economico dalla ABC australiana).
Io non ho negato che “Le variazioni del cambio (non pilotate dalla Banca d’Italia ma libere, determinate dalla situazione della bilancia dei pagamenti) correggerebbero eventuali squilibri nei nostri conti con l’estero.”
La mia obiezione è: quali squilibri???
Non ho dati, ma immagino che se calcolassimo la bilancia dei pagamenti tra nord italia e Germania non la troveremo tanto “squilibrata”, anzi mi azzardo a dire che forse sarebbe pure in attivo!
Quindi se una moneta autonoma deve servire (anche) come strumento di mercato per riequilibrare gli “squilibri” allora dobbiamo circoscriverla ad un sistema omogeneo.
Altrimenti gli squilibri rimangono squilibri interni. Torniamo a parlare di gabbie salariali?
Il Nord Italia per recuperare la sua competitività e riequilibrare gli squilibri che non ha, non ha bisogno di una svalutazione, ha bisogno solo di meno tasse!
E molti altri non solo politici devono, come ha Lei ricordato nel suo discorso a Venezia, imparare:
“che da millenni l’umanità si guadagna da vivere nel modo più banale: lavorando!”
E la solidarietà?
Sì, come con i poveri Greci che continuano ad assumere statali con i soldi che anche l’Italia ha prestato a tassi più bassi di quelli pagati dall’Italia stessa.
E poi chiamiamo i tedeschi “crucchi”?
Antonio Martino for President!!!
Caro Antonio,
partiamo da un dato di fatto:l’euro è una corbelleria perchè mai nella storia si è battuto moneta prima di una unificazione politica e questo lo sapevano bene i firmatari degli atti della conferenza di Messina del 3 giugno 1955, tra i quali un ministro degli esteri insuperato e insuperabile, Gaetano Martino. E’ ovvio che libertà cambio e crescita monetaria stabile siano vitali per l’Italia. E’ tempo di votare perchè siamo a una svolta storica:si vuole cancellare definitivamente il retaggio della pace di Westfalia del 1648 e difatti come quella mise fine alla guerra dei 30 anni e creò un nuovo ordine, la guerra odierna vuole creare un nuovo ordine e ha già fatto morti e ridotto popoli in schiavitù. Ci dobbiamo fare chiedere esplicitamente, per poi rispondere altrettanto chiaramente con il voto,in quale mondo vogliamo vivere. non è un caso che da più di 60 anni si dibatta se avere una zona di libero scambio atlantica e mediterranea non sia più vantaggioso che rimanercene rinchiusi in una fortezza Europa, dove si decide come confezionare le mozzarelle, ma non garantisce una difesa comune.Lo metto alla fine:MARTINO FOR PRESIDENT!
Angelo Panebianco, cui avevo mandato il pezzo prima che fosse pubblicato, così ha risposto:
Caro Antonio, ti ho letto. Tornero’ sull’argomento fra qualche giorno. Pero’ io non ho parlato di economia, solo di vincoli esterni e politica. Precisando anche che l’infallibilita’ non mi appartiene.
Un caro saluto
Angelo
Replicherò su questo blog appena possibile,
am
Antonio Martino for President!!!
https://www.ainsliebullion.com.au/gold-silver-bullion-news/what-is-%c2%a3140-000-000-000-/tabid/78/a/74/default.aspx
Antonio Martino for President!!!
Caro Adriano e caro Guido,
il vantaggio del ritorno alla lira sarebbe che avremmo due strumenti di politica economica che adesso ci sono stati sottratti: la politica monetaria e il cambio. Le variazioni del cambio (non pilotate dalla Banca d’Italia ma libere, determinate dalla situazione della bilancia dei pagamenti) correggerebbero eventuali squilibri nei nostri conti con l’estero. Ciò non equivale affatto all’ipotesi di svalutazioni competitive, che sono decise dai governi in una prospettiva mercantilistica. Sarebbero invece uno strumento “di mercato”, variazioni di un solo prezzo anziché di tutti i prezzi e redditi interni, con risultati greci. E’ sempre meglio che sia il cane (l’economia nazionale) a muovere la coda (il tasso di cambio) che non la coda il cane. La politica monetaria dovrebbe garantire la stabilità monetaria interna, scongiurando inflazione e recessione. La politica di bilancio, che il fiscal compact ci vuole sottrarre, dovrebbe determinare livello e composizione di spese ed entrate pubbliche in modo da favorire lo sviluppo e l’occupazione. Se restiamo nell’euro col fiscal compact, ci consegniamo, piedi e mani legati, ai “padroni del vapore”: Germania e Francia. Non è questa la mia idea d’Europa e mi rifiuto di accettare la colonizzazione volontaria dell’Italia. Over my dead body!
Cordialmente,
am
Discutere e dibattere qui sull’euro e la lira, va sicuramente bene, ma il tempo scorre inesorabile nella clessidra di (quel che resta) della politica italiana.
Mi piacerebbe che si discutesse della imminente prospettiva politica e del ruolo che dovrebbero avere i “nuovi liberali italiani” in questo contesto.
Come sappiamo tutti, siamo ad un nuovo ’94, è di nuovo il big bang della politica. Imperversa Grillo, tutti cercano di smarcarsi, si riposizionano, nascono nuovi partiti e nascono nuovi (improbabili) leaders dei nuovi partiti, come La Brambilla coi cani e i gatti, come la Santanchè. Poi c’è chi propone Gerry Scotti, chi propone Sgarbi o Feltri o addirittura il Renzi da Firenze a capo di uno schieramento di Centrodestra.
E noi liberali e liberisti che facciamo? Qui ci vuole una forte iniziativa a livello nazionale. La creazione del partito dei nuovi liberali italiani con un capo forte e autorevole come il Prof. Martino, diramato e diffuso in tutta Italia. Gli incontri organizzati dal Tea Party, come quello di Venezia dei giorni scorsi, sono una buona base di partenza, ma bisogna accelerare.
Se, come sembra la strategia del centrodestra per le prossime elezioni sarà quella dello spacchettamento del PDL il partito dell’Italia libera deve esserne una delle componenti fondamentali.
L’obiettivo è quello di avere più voti possibili per imporre in caso di difficile, improbabile, ma non impossibile vittoria alle elezioni, un governo autenticamente liberale, promesso da Berlusconi fin dal ’94 e mai attuato nel molti, troppi anni successivi che sono passati. Magari con Martino alla presidenza del Consiglio o a quella della Repubblica.
Come ho detto in altro post, per il momento in Italia sognare non costa nulla, ma solo per il momento, per cui pregansi gli amici del post di affrettarsi a sognare, prima che ci pensino i professori Bocconiani.
Come si diceva, fanno danno sia il troppo che il poco.
Ed io aggiungerei anche il “come”.
Ma Adriano, dove hai trovato questi dati?
Ciò che hanno in comune triveneto e meridione è lo stato centrale. Come Canton ticino, Ginevra e Zurigo.
Secondo me, la miglior soluzione a ciò di cui stai parlando si chiama “federalismo”, non molteplicità di monete.
Perciò, o l’europa diventa uno stato federale (poco probabile), o si ritorna alle monete nazionali.
Antonio Martino for President!!!
Vorrei porre una domanda, se volete un sondaggio…
Immaginiamo un ritorno alla Lira.
Il vantaggio di una propria moneta e’ ( sarebbe?) la flessibilita’, in modo che economie a diverse velocita’ possano interagire meglio senza la necessita’ di dover adattare tutta la struttura dei costi (piu’ facile che il cane muova la coda che viceversa).
Ora, mi sapreste dire perche’ il nord ed il sud dovrebbere avere la stessa moneta?
Lo sanno anche i sassi che al sud il costo della vita e’ inferiore che al nord.
Se proprio dovessimo adottare monete diverse non credo sia una bestemmia economica affermare che Piemonte e Valle d’ Aosta potrebbero usare il Franco francese, la Lombardia il Franco Svizzero ed il Triveneto assieme all’Austria e la Baviera il Marco.
“Che c’azzecca” il triveneto con Campania, Calabria e Puglia?
La lingua? Anche nel Canton Ticino parlano Italiano!
Antonio Martino for President!!!
Antonio Martino for President!!!
Scusate, temo proprio di venire da un altro pianeta.
Cioè, la logica sarebbe che l’Inghilterra è in crisi perchè la Banca d’Inghilterra ha attuato una politica troppo restrittiva dal 1998 in poi?
Mi dichiaro ignorante monetario senza se e senza ma!
Però, se questo è vero e se la logica vale ancora qualcosa a questo mondo e 2+2 fa ancora 4, allora possiamo tranquillamente affermare che, almeno l’Inghilterra, deve essere molto vicina alla soluzione della crisi, vista l’immane quantità di riserva monetaria immessa dal 2008 in poi.
L’ultima iniezione fresca fresca risale al venerdì precedente le ultime elezioni greche (a scopo ‘precauzionale’) e ammonta a 140 miliardi di sterline.
Va bè, sono solo una bazzeccola! Appena un po’ più di 1.5 volte l’oro estratto nel mondo in un anno (all’attuale prezzo di mercato)!
Antonio Martino for President
Rem acu tetigisti, caro Cacciari. Money matters non significa che possa soltanto produrre inflazione ma anche, se non soprattutto, recessione e deflazione (La Grande Depressione docet).Da qui la regola friedmaniana della crescita a tasso costante della quantità di moneta.
Cordialmente,
am
Quando i leader della Cina comunista dissero a Milton Friedman che avrebbero tradotti i suoi libri in cinese ma che non gli avrebbero pagato i diritti d’autore perché non li ritenevano dovuti, Friedman rispose: “Neanch’io credo al copyright”! Chi sono io per non seguire l’esempio del mio maestro? Grazie per l’intento, ha il mio permesso di tradurre qualsiasi post di questo blog.
Cordialmente,
am
Secondo me, più che le fortune della Svezia (non Euro), è interessante la decadenza britannica (anch’essa non Euro).
Io la farei risalire esattamente a quando, nel 1998, Gordon Brown emise il “Bank of England Act”, in cui veniva ceduta la direzione della Banca d’Inghilterra e della politica monetaria ad una “Court of Directors” nominati direttamente dalla corona (praticamente tutti banchieri). Da allora non è più stata stampata moneta.
Insomma: le politiche deflazionistiche sono pericolose quanto le inflazionistiche.
Perché “money matters”.
A seguito delle discussioni al precedente post, ho deciso che d’ora in avanti aprirò e chiuderò i miei interventi con:
Martino for President!!!
Questo non significa che debba essere d’accordo su tutto!
Mi riferisco solo in minima parte a quanto dice Martino.
Io ci andrei un po’ piano a scaricare tutte le colpe sull’euro, manca solo che lo accusiamo anche del terremoto.
Maurizio ha sollevato un bel punto con la Svezia che volevo citare anch’io come esempio, ma per far vedere che l’euro c’entra fino ad un certo punto con le disgrazie finanziarie dei PIIGS. Non aggiungo altro per ora… (voglio vedere qualche numero prima).
Martino for President!!!
On. Martino,
ho tradotto il pezzo in inglese e vorrei, di nuovo, il suo permesso di pubblicarlo.
Grazie,
L. Pavese
Condivido entusiasticamente il suo articolo, caro Antonio, solo un punto mi lascia perplesso della sua critica, vale a dire che il limite dell’analisi di Panebianco è un limite della sua conoscenza non politica ma economica. Qui non sono d’accordo perché chi come Panebianco preferisce una moneta unica, nonostante sappia che non è sostenuta da nessun organismo politico democraticamente eletto, ma solo da una arrogante cerchia di burocrati con delirio di potere, insegue il mito dello stato accentratore, che a lui pare di per se stesso garanzia di successo. E la cosa è veramente significativa se poi si pensa che Panebianco conosca bene Giuseppe Maranini (ha scritto una sua introduzione a Storia del potere in Italia). Questo dimostra che di fronte alla forza del potere anche intellettuali che dovrebbero avere le armi affilate, si defilano, magari inconsciamente, magari inseguendo mitici piani di politica reale. Insomma a me pare, più che un deficit di scienza economica (magari ci sarà anche quella) un incredibile abdicare alla conoscenza proprio della politica. Gaetano Mosca non avrebbe mai commesso tale errore, avrebbe avuto chiaro il senso di chi vuole stare sopra e chi viene messo sotto.
Condivido in pieno l’intervento del Prof. Martino che dice qui una parola chiara e senza sfumature di se e di ma contro l’euro e la sua artificiosa istituzione.
L’Euro è stato programmato, voluto, pianificato meticolosamente a tavolino da qualcuno, non eletto da nessuno, che ha agito con la presunzione e la supponenza di prendere per tutti la decisione giusta, che invece a mio avviso era ed è profondamente sbagliata.
L’euro non si doveva fare, e se proprio qualche nazione non poteva farne a meno, che se lo fossero fatto la Germania, l’Olanda e qualche altro paese del nord europa, ma nazioni come la Grecia, il Portogallo, la Spagna e anche l’Italia avrebbero fatto meglio a tenersene alla larga, come ha fatto la Svezia (oltre all’Inghilterra) che oggi, guarda caso è una delle nazioni più prospere d’Europa.
Io non sono un economista come il prof Martino, ma per quel poco che capisco, mi era chiaro che un meccanismo come le monete nazionali per decenni, se non per secoli, avevano consentito alle nazioni d’europa, sopratutto le più deboli, di barcamenarsi e di uscire dalle crisi periodiche utilizzando le due armi fondamentali in mano ad uno Stato, che sono la svalutazione controllata della moneta, ed il tasso ufficiale di sconto.
Non bisognava essere degli indovini per capire che tolte queste due leve fondamentali, le economie nazionali sarebbero state in balia dei famelici “mercati” comandati dalla grande speculazione internazionale.
A meno che, e anche questa è un’ipotesi, non ci fosse del metodo nella loro follia e questo fosse proprio il risultato voluto….
Infatti, se butti in acqua un povero disgraziato e gli leghi le mani e i piedi anche dei “professori bocconiani”, per non dire della “Sora Cesira” sono in grado di capire che il poveretto più prima che poi andrà inevitabilmente a fondo…..