Si è spento il mio amico Gino Corigliano, classe 1920, maestro di vita e di giornalismo. Lo ha assistito amorevolmente la moglie Simonetta, cui l’età non ha intaccato la rara bellezza. Ebbi la fortuna di conoscerla per la prima volta a Stoccolma, quando eravamo entrambi diciottenni. Fui letteralmente folgorato: era splendida, la più bella donna che abbia mai visto. Figlia di un aristocratico partenopeo e di una signora americana, della Louisiana, non sembrava italiana; somigliava a Laureen Bacall, moglie di Humphrey Bogart, e Candice Bergen.
Conoscevo Gino da moltissimi anni, m’invitò a pubblicare i miei articoli che uscivano sul Giornale diretto da Montanelli, di cui era amico, su La Sicilia, il principale quotidiano della Sicilia sud-orientale. Cominciai così, nel 1976, la collaborazione con la testata diretta e di proprietà di Mario Ciancio Sanfilippo, che dura tuttora. Gino era direttore della redazione romana del giornale, carica che ha ricoperto attivamente fino a un paio d’anni orsono. Scriveva di rado e sempre con la stilografica, non avendo imparato a usare la macchina per scrivere, ma era un direttore formidabile ricordato con ammirazione e affetto dai suoi collaboratori, che lo chiamavano “il principe”.
Per ragioni anagrafiche era stato esposto al fascino della monarchia e all’influenza del fascismo, ma non era né monarchico né tanto meno fascista, era uno spirito libero e un uomo di grande cultura. Fino a un anno fa leggeva ogni giorno i principali quotidiani italiani, oltre a diversi francesi e inglesi. Inoltre, avendo fatto gli studi classici quando in Italia funzionavano davvero, leggeva spesso in latino e in greco.
Aveva, come non mancavo di dirgli, un “occhio da gioielliere”, non gli sfuggiva mai un refuso e questo fino a pochi mesi fa quando aveva già compiuto novantatré anni. La sua cura nel rivedere il testo e i consigli che mi dava mi hanno insegnato la tecnica del giornalismo. Era avaro di complimenti, invano gli chiedevo cosa pensasse dell’articolo che gli avevo mandato. Solo in qualche occasione, ridacchiando, mi diceva “veramente buono”!
Nell’immediato dopoguerra aveva collaborato con Lo Specchio, settimanale di proprietà e diretto da Giorgio Nelson Page, che non si era allineato all’andazzo sinistroide prevalente. Una sera a cena da amici, Marta Marzotto rispose alla sua presentazione col commento “il famigerato giornalista fascista”. Gino rispose: “Zitta, piattola del regime, contessa per meriti fascisti”! La Marzotto ammutolì e smise di fare apprezzamenti negativi su Gino.
Nel 1963, durante la campagna elettorale, fu sorteggiato per fare una domanda al presidente del Consiglio Amintore Fanfani. Si preparò bene e, arrivato il suo turno, disse: “Vorrei fare una domanda al professore non al politico. Lei sostiene che, quando vanno al potere i longilinei, l’economia ristagna, mentre, quando a governare sono i brevilinei, l’economia cresce. Come mai, allora, la Francia con De Gaulle è in crescita, mentre l’Italia, governata da lei, è in crisi?” Fanfani pensò di potersela cavare farfugliando sconclusionati sillogismi ma Gino, implacabile, insistette e il presidente del Consiglio dovette mollare. A giudizio di molti commentatori si trattò del primo esperimento di televisione a colori in Italia, perché Fanfani era divenuto paonazzo. Manco a dirlo, Corigliano non fu più invitato a trasmissioni televisive!
Mi mancherà molto, era un amico fraterno, con cui potevo parlare di politica, di cultura, di arte e di molte altre cose, sapendo che eravamo di solito d’accordo. Orgogliosamente siciliano, avrebbe dovuto ricevere il premio di “catanese dell’anno” e ne era felice, voleva che ci andassimo insieme. Purtroppo, poco per volta, le forze l’hanno lasciato.
Il giornalismo italiano non perde una grande firma, ma un grande giornalista e un liberale doc, un uomo che ha vissuto intensamente un periodo ricco di avvenimenti importanti, spesso da protagonista (era stato ad Alamein). Allievo di Panfilo Gentile, amico di Montanelli e di quasi tutti i grandi giornalisti del secondo dopoguerra, dotato di una memoria prodigiosa, era in grado di fornire testimonianza diretta degli eventi storici, dei personaggi e della storia delle idee di quasi un secolo.
Caro Prof, unendomi al suo dolore la ringrazio per averci fatto conoscere Gino Corigliano. Non sò se le farà piacere ma lo stile del suo scritto mi ricorda Montanelli nei suoi “Incontri”.
Con Affetto
A.P.
Grazie, caro Alberto. Gino era un catanese formidabile e un amico prezioso.
A presto,
am
Caro Onorevole Martino,
pur non conoscendo il defunto Gino Corigliano, mi associo al suo dolore fraternamente.
Pietro Barabaschi
Grazie, caro Barabaschi. Vengo ora dal funerale.
Cordialmente,
am
Caro Antonio, mi dispiace per Gino, era un Uomo simpatico ed era un vero piacere parlare con lui.
Mi ricordo che rideva della Sua età, e presentando il figlio diceva ecco il mio orfano. Era molto amico di mio Padre anche se lo dividevano 20 anni(in meno) ed aveva vissuto con mio Padre il “periodo” del separatismo.Quello Catanese! Ma per cultura amava l’Italia. Come tutti i Siciliani amava molto la Sicilia che ritrovi bella..nella natura, quando ci rimetti il piede. E allora parli quella lingua e parli poco. E’ per questo che l’apprezzamento sui tuoi articoli non era evidente: “era avaro di complimenti”. Anche con me parlava poco ma spesso alle parole aggiungeva la Sua espressione intelligente, che diceva molto di più.
Caro Giuseppe,
rem acu tetigisti! Molto ben detto,
am