Il tre marzo scorso il segretario all’Interno americano Ken Salazar ha parlato alla commissione delle risorse naturali della Camera dei Rappresentanti sulla proposta di bilancio del suo dicastero per il 2012. Incalzato da un rappresentante repubblicano della Louisiana sulle conseguenze della moratoria di fatto imposta da Obama alle trivellazioni, il ministro ha risposto: “Se si considera la produzione (di petrolio) nel golfo del Messico, persino durante la crisi nazionale causata dalla (piattaforma) Deepwater Horizon, è rimasta al livello massimo da sempre.”
Secondo l’ultimo bollettino della Fondazione Heritage, “Questa è un’affermazione audacemente priva di contatto con la realtà”! I fatti dimostrano, nonostante la tesi del ministro, che le cose sono andate diversamente; secondo i dati dell’ente federale che è responsabile dell’informazione sulla produzione di energia, la moratoria obamiana determinerà una diminuzione del 13% della produzione nazionale di energia solo quest’anno, che in termini quantitativi significa 220 mila barili di petrolio in meno al giorno. Le conseguenze di questo calo sono ovvie: minore sviluppo, prezzi del carburante più alti per gli americani, minori entrate erariali per il governo federale e, soprattutto, meno posti di lavoro per quanti vivono nella regione del golfo.
Il giorno dopo l’affermazione del ministro Salazar, l’equivalente del nostro ministero del Lavoro ha rilasciato il suo rapporto mensile sulla disoccupazione, che a febbraio è scesa all’8,9%. Ciò significa che, dopo venti mesi di presidenza Obama e molte migliaia di miliardi di dollari di debiti pubblici, la disoccupazione è diminuita di mezzo punto, dal 9,4 all’8,9 per cento. Un risultato assai poco miracoloso per la politica economica dell’idolo delle sinistre non solo americane!
Se si guarda alla politica economica di Reagan, irriso dalle sinistre non solo americane, si scopre che nei primi venti mesi riuscì a ridurre la disoccupazione dal 10,8 al 7,5 per cento: un calo di 3,3 punti percentuali. Come mai il cowboy ottenne un risultato di quasi sette volte superiore a quello obamiano e senza indebitare l’America come mai prima in tempo di pace?
Secondo uno studio della Gallup, oltre la metà dei posti di lavoro migliori nel 2010 erano nell’energia e nella produzione di beni di consumo. Le politiche di Obama hanno rallentato, quando non impedito, la creazione di occupazione in questi due settori. Non basta: il ministero del Lavoro americano ci informa anche che in questi venti mesi di obamafollie, mentre l’occupazione nel settore pubblico è aumentata del sette per cento, creando 144 mila posti, quella nel settore privato è diminuita del 2,6 percento, con la perdita di quasi tre milioni di impieghi.
Questi dati sono significativi anche per noi perché mostrano in modo lampante due evidenti verità che faremmo bene a tenere presente. Anzitutto, il settore pubblico non è in grado di creare occupazione produttiva; se lo potesse fare, l’Unione Sovietica avrebbe avuto un enorme successo economico e il problema della disoccupazione sarebbe scomparso dalla faccia della terra grazie alla crescita senza fine delle spese pubbliche. Lo Stato e le altre pubbliche amministrazioni quando “creano” posti di lavoro lo fanno distruggendo occupazione nel settore privato, perché il finanziamento dell’occupazione nel pubblico richiede il prelievo di risorse dal settore privato. Ora, anche nell’improbabile ipotesi che il numero degli occupati in più nel pubblico sia pari al calo dell’occupazione nel privato, se i primi sono meno produttivi dei secondi il reddito reale sarà minore di quanto sarebbe in assenza di intervento pubblico.
In secondo luogo, e più attuale, mentre la politica di aumenti di spesa e di tasse non stimola né l’occupazione né lo sviluppo, come dimostrano le conseguenze dell’obamismo, le riforme fiscali basate sul drastico taglio delle aliquote stimolano la crescita e l’occupazione, come dimostrano i risultati dei primi venti mesi di amministrazione Reagan.
Stando così le cose, non si capisce proprio perché il nostro ministro dell’Economia continui a fare orecchie di mercante e con cocciutaggine degna di miglior causa persista nel rifiutarsi di dare attuazione alla proposta più importante e reiterata di Forza Italia prima e del Pdl poi: il taglio delle aliquote. Errare è umano, perseverare no: speriamo ci sia un ravvedimento operoso a breve scadenza.
Antonio Martino, 4 mar. 11
Il profeta della sinistra, Eugenio Scalfari, ieratico nelle apparizioni in tv, protetto e coccolato dagli intervistatori protesi a smussarne il suo gigantesco ego per rendere più presentabili ( si fa per dire) le sue dichiarazioni strambalate, ritiene ricco chi guadagna 40.000 euro l’anno, lordi. La fissazione attuale è la patrimoniale. La soglia, quella soglia, ricorda Visco; anche per lui la ricchezza partiva da 40.000 euro.
Povera sinistra, taglieggiata dal rustico Di Pietro da una parte e dal radical chic Scalfari dall’altra, ma tutti con la fissa delle tasse, sempre tasse.
Sui giornali di oggi leggiamo anche che Ingroia è sceso in piazza e che Fo (dario) sogna l’esilio in Svizzera per Bossi e l’invasione araba dell’Italia. La sorte di Bossi non mi interessa, ma l’invasione si. Mistero buffo: Fo che vuol somigliare ai papi (non il “papi di Arcore, ma quelli che si succedono a San Pietro e che richiedevano l’intervento dello straniero per affermare il loro proprio potere). Che spettacolo indecoroso e penoso: la difesa di questa Costituzione da parte di certi personaggi!!
Leggo sul Giornale di oggi 12 marzo che si starebbe per creare una “corrente” di ispirazione scajoliana con la sua partecipazione. Mi auguro che questa iniziativa porti alla nascita di una vera area liberale che si avvalga della collaborazione di liberali veri: ce ne sono tantissimi che pur essendo liberali, tipo Antiseri, non accettano di essere berlusconizzati e/o tremontizzati. Personalmente, pur votando PdL, non sono per nulla soddisfatto di quello che sta succedendo in questi mesi e sarò costretto a votarlo montanellianamente turandomi il naso.
carmelo.sapienza@gmail.com
Obama, il Veltroni d’America, ha indossato l’elmetto e cerca di riguadagnare la popolarità perduta ed i consensi elettorali sganciando qualche bomba sul capo del dittatore libico. Chissà cosa ne pensa Noam Chomsky e gli altri pacifisti antioccidentali d’America.
Mi interessa, invece, parlare dell’ultimo periodo dell’articolo del prof. Martino, quello relativo al nostro ineffabile ministro dell’Economia. Berlusconi ha capito troppo tardi che l’ostacolo maggiore alla realizzazione del programma in senso liberale è uno e solo uno (almeno adesso che è partito anche l’inutile Fini) e si chiama Tremonti. Il suo (di Berlusconi) eccessivo attardarsi nelle questioni personali, ha consentito all’uomo di Sondrio di crearsi uno scudo protettivo (la Lega) all’ombra del quale medita addirittura di occupare palazzo Chigi. Durante gli anni dal 2001 al 2006 Tremonti ha proceduto con i famosi “ moduli” basati sulla riduzione del carico fiscale dell’ordine dello zero virgola o roba del genere, salvo a varare, una volta ritornato in via XX settembre dopo un periodo di esilio (non era ancora così potente nel 2004), una finanziaria nel 2005 per il 2006, con la quale si ripigliava tutto con gli interessi. Con l’aggravante di riportare al centro dell’attenzione i coefficienti catastali col non nascosto intento di cominciare ad attingere dall’unico bene visibile degli italiani: la casa.
Poi venne Visco, il gemello separato, che impose la rapina su base industriale ed avviò la pratica della demonizzazione di intere categorie. Il primo settore ad essere mazzolato fu l’immobiliare con un decreto legge dei primi di luglio del 2006 seguito poi dalla famosa finanziaria del 2006 per il 2007, studiata verosimilmente nelle stanze del NENS, il “think tank” economico di Bersani e Visco. Bersani, detto “culatello” (copyright Dagospia), è il complice delle rapine, è quello che regge il sacco , che mette in fuga i Nicola Rossi e che nomina responsabile per l’economia del PD il pallido Fassina, cresciuto nel NENS.
Basterebbe studiare la storia degli ultimi dieci anni per convincersi che gli italiani non possono più essere ostaggi degli stregoni che si succedono in via XX settembre e che la primaria esigenza da tenete in costante evidenza è l’indicazione nella Costituzione dei tetti della spesa e del prelievo fiscale. Sarebbe già questa una grande rivoluzione.
Guarda che se siamo “col culo per terra” è proprio grazie alle politiche monetarie espansive portate avanti dalla FED di Greenspan e Bernanke negli ultimi dieci anni.
Per me la soluzione ai problemi da te elencati è molto semplice,si tratta semplicemente di far fare allo stato un deciso passo indietro e di liberalizzare seriamente l’economia,tagliando le tasse e privatizzando i servizi.Inoltre sarebbe auspicabile una vera liberalizzazione dell’emissione di moneta,abolendo il corso forzoso e togliendo quindi il monopolio della creazione di moneta alle banche centrali in modo da avere finalmente una moneta onesta,non manipolabile che possa cioè garantire la stabilità del sistema economico mettendoci al riparo dall’inflazione,vera causa di tutti i mali economici che stiamo vivendo,dalla creazione delle bolle finanziarie,fino all’aumento dei prezzi delle materie prime e dei beni di consumo che sono poi la causa delle recenti rivolte scoppiate in nordafrica.
Ma qui non c’entra niente il fatto che sia sinistra o destra, se la FED non facesse il quantitative easing saremmo già col culo per terra, quando la FED finirà il quantitative easing (per raggiunti limiti di farsa) andremo tutti con il culo per terra.
Il problema è che se nei decenni passati gli USA sono sopravvissuti creando debito privato, ora lo stanno spostando a pubblico, ma non hanno la capacità di reagire con il lavoro, perchè è stato delocalizzato in asia. Cosa simile per l’UE, con la differenza che il debito è pubblico, e che il lavoro è un po’ meno delocalizzato (ma non tanto).
Quindi trovate una soluzione (se esiste) al problema della decadenza occidentale, del debito, della mancanza di liquidità, del fatto che oramai la Cina è padrona del mondo, e che tiene per le palle noi e gli usa comprando titoli di debito sovrano che non valgono nulla e non rivalutando lo yuan..
se la trovate, bene, altrimenti a zappare tutti, tanto ci andremo alla prossima bolla che sta per scoppiare, perchè non ci sono piu salvagenti per salvarci.
Da uno come Tremonti che qualche giorno fa ha avuto il coraggio di affermare che “Al Sud è mancata la politica, non c’è stata una regia nazionale, è prevalsa la logica del mercato quando invece serviva lo Stato”,non potremo mai aspettarci nulla di buono.Francamente mi chiedo se il ministro dell’economia ci prende tutti in giro o se veramente ci crede lui stesso alle stupidaggini che racconta,perchè se così fosse c’è da essere seriamente preoccupati per il futuro di questo paese.Mi domando quando è che Berlusconi si deciderà finalmente a cacciare questo incapace dal governo?